Testimonianza dei sopravvissuti della famiglia Bercelli, riportata nel volume di Barberi, op. cit., pp. 276-277:
Eravamo sfollati a Langhirano dopo l’8 settembre: mio fratello maggiore aveva impiantato una cantina mentre il fratello minore Erminio, renitente alla leva, si era arruolato tra i partigiani ed operava nella zona. Quel giorno avevamo appena finito di pranzare ed in casa nostra c’erano molti altri giovani del paese. Era ritornato anche Erminio che doveva svolgere una missione speciale affidatagli dal suo capo. Ricordo che proprio lui si trovava sulla soglia di casa quando un aereo si buttò in picchiata e centrò la nostra casa con alcune bombe. In quell’attimo io mi ero chinata per spostare un fiasco ed appoggiare una poltrona al muro: mi sentii all’improvviso sommersa dalle macerie mentre udivo l’aereo dileguarsi. Subito gridai chiamando i miei: mi rispose soltanto mia madre che aveva riportato leggere ferite alla testa. Giunsero i soccorsi che mi portarono in una stalla vicina, mi seguivano mio fratello Francesco col corpo dilaniato dalle schegge, mia sorella con le braccia penzoloni. Rammento che la operarono al lume di candela nei locali del Municipio, le amputarono gli arti superiori ed ella sopravvisse, seppure gravemente menomata. Mio padre venne trovato più tardi schiacciato sotto due travi. Alla fine riuscirono ad estrarre anche mia sorella Adriana, ma era già morta. Assieme a noi rimasero schiacciati il norcino Melli e Coruzzi, che era l’uomo di fatica della famiglia Grossi e che fu ritrovato soltanto alcuni giorni dopo.